IL SEGNO

Disegno da sempre, frutto non di una scelta compiuta consapevolmente, ma di una attività naturale, di una necessità quasi fisica. Da bambino sognavo e disegnavo; il disegno, a scuola, è stato la mia rivincita sui numeri e sulle parole. Ho capito allora che quella era la mia strada. “Nel corso degli anni ho ricercato la consapevolezza del segno che dà forza, volontà all’idea” (Osvaldo Licini).
Il segno non deve mai essere gratuito, mai approssimativo, ma sempre cosciente di sé nel suo nascere, descrivere, sfumare, tratteggiare, definire; un segno deve possedere la capacità immediata di comunicare, come sapevano già fare gli uomini primitivi che, con pochi tratti, hanno saputo descrivere intere scene di vita.
Creare una forma attraverso il segno procura il piacere di sentire la mente collegata alla mano, che trasmette sentimento e passione in forme astratte o figurative.
Il segno, il disegno, la descrizione, il progetto precedono sempre un’opera, un manufatto umano; questo accade anche nella progettazione del giardino. Anche per il giardino occorre rifuggire dalla gratuità degli interventi; occorre misurare, guardare, vedere, interrogare i luoghi, analizzare i terreni, conoscere le esigenze di chi abiterà, adoperando il cuore e la mente, l’emozione e la tecnica.
Il segno allora partirà sul foglio, definendo uno spazio, cercando una funzione, sarà la freccia che l’arco scocca per avvicinarsi quanto possibile al bersaglio.

IL colore

La pittura è l’arte dei colori e dei segni. I segni esprimono la forza, la volontà, l’idea. I colori, la magia. Ho detto segni, non sogni’ afferma Licini. L’esperienza, nel dipingere, insegna a far propri i colori; a partire dai tre colori primari, mescolandoli tra di loro, come in una alchimia, si possono ottenere tutti i colori. Una magia.
Nel tempo, dipingendo, si selezionano i propri colori, la propria “tavolozza” personale e, negli accostamenti, ci si riconosce. In natura esistono tutti colori, ma solo nella loro composizione l’artista realizza l’opera. Così anche il progettista del giardino utilizza gli elementi di base della sua personale grammatica: i volumi e i colori.
È il colore, ancor più del volume, che riesce, in base agli accostamenti, alla tonalità, a suscitare emozioni. Fonte di felice ispirazione è la natura e la sua osservazione attenta insegna più di ogni altra fonte.
Ci raccomanda la misura e il rifuggire gli eccessi, ci suggerisce di utilizzare non solo i colori delle fioriture, ma anche le sfumature, le trasparenze, le stagionalità delle piante verdi.

la fotografia

La macchina fotografica è uno strumento che da sempre mi è stato utile per indagare, definire prima e confermare poi, ciò che suscita in me interesse, che istintivamente mi attrae e mi emoziona.

Fotografare è stato ed è un esercizio di osservazione non solo dell’oggetto da fotografare, ma anche di me stesso.
È un lavoro di introspezione che mi ha portato a cercare i motivi per cui un soggetto mi piaceva; che cosa mi piaceva, ma soprattutto perché. Che mi ha portato a conoscermi meglio e a definire la mia identità.

Mi sono accorto di avere sempre usato la macchina fotografica nello stesso modo e con lo stesso fine con cui ho usato la matita.
Così come accade per il disegno, la fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha.

Uso la macchina fotografica quale esercizio di composizione, allenamento nell’uso del taglio, nell’accostamento delle forme e dei colori, dei vuoti e dei pieni, della regola e del caos.

Durante la realizzazione di un giardino la fotografia è uno strumento di controllo; permette di isolare quella porzione di paesaggio su cui si sta intervenendo e di distinguere quello che è corretto da quello che non va.